Nell’alveo degli istituti finalizzati a favorire la rapida fuoriuscita del minore dal circuito penale vi è il “Percorso di definizione anticipata”, disciplinato dall’art.27 bis DPR 448/1988, introdotto dalla Legge 13 novembre 2023, n. 159 con la quale è stato convertito, con modifiche, il c.d. Decreto Caivano.
Il nuovo istituto, soltanto apparentemente, non presentava significative differenze con la sospensione del processo con messa alla prova. Invero, la ratio e la strutturazione parevano del tutto sovrapponibile con la sospensione del processo con messa alla prova disciplinata dall’art. 28 D.P.R. n. 448/1988. Tuttavia, evidenti erano le criticità che caratterizzavano il nuovo istituto, il quale pareva ignorare i capisaldi del procedimento minorile, quali la necessaria presenza dei giudici non togati nella valutazione della idoneità del programma da svolgere nonché la necessità di favorire la rapida fuoriuscita del minore senza però sacrificare l’individualizzazione del trattamento.
Il recente intervento della Consulta si sofferma sulle varie problematiche che attanagliavano la norma, offrendo peraltro una lettura costituzionalmente orientata di gran parte delle questioni evidenziate dal rimettente e limitandosi a dichiarare l’incostituzionalità dell’ art. 27 bis D.P.R. n.448/1988 nella sola parte in cui indica “giudice per le indagini preliminari”, anziché “giudice dell’udienza preliminare”.
Al fine di comprendere tale decisione, giova ricordare come, a differenza del rito per adulti, il GUP nel processo minorile è composto da un magistrato togato affiancato da due componenti esperti altamente qualificati in specifiche materie la cui presenza è volta anche ad arricchire il bagaglio di conoscenze extra giuridiche del giudicante al fine di assicurare un intervento giudiziario effettivamente idoneo a favorire la rieducazione del minore.
In ordine alle altre doglianze lamentate dal rimettente, la Consulta ha reputato maggiormente opportuno fornire delle chiavi interpretative conformi alla Carta costituzionale e ai principi che informano il processo penale minorile.
In merito al ruolo dei servizi minorili, il comma 4 si limitava a prevedere solo un onere di comunicazione in campo ai servizi minorile al giudice nelle ipotesi di mancata adesione o interruzione del programma di definizione anticipata, senza però specificare se fosse necessaria o meno la loro presenza in ottica assistenziale e redazionale del programma. Nessun dubbio residua sulla necessaria presenza dei servizi minorili sin dal primo contatto del minorenne con l’autorità giudiziaria. Infatti, sul punto la Corte costituzionale ha specificato che il comma 4 «evidentemente postula che il minore stesso sia seguito dai servizi, fin dall’inizio della prova e durante il suo svolgimento»
In ordine al momento in cui il Pubblico Ministero è legittimato a notificare istanza di definizione anticipata del procedimento -individuata “durante le indagini preliminari”- la Corte Costituzionale ha precisato che in quanto l’organo chiamato ad ammettere o meno il minorenne al programma è il GUP, la proposta dell’inquirente costituisce esercizio dell’azione penale. Pertanto, la richiesta di definizione anticipata può essere avanzata “solo quando sia sufficientemente definito il contesto del fatto-reato e il quadro esistenziale del minore”. Ulteriore condizione è che “non sia possibile chiedere la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, ai sensi dell’art. 27 d.P.R. n. 448/1988”.
Sul quantum temporale a disposizione dell’imputato per il deposito del programma la norma specifica che “deve avvenire entro 60 giorni dalla notifica della proposta del pubblico ministero”. La Consulta ha chiarito che il termine indicato ha natura ordinatoria, pertanto il pubblico ministero laddove la parte presenti richiesta di proroga, motivata dalla difficoltà nell’elaborare il programma entro il termine previsto, deve concederla.
Ancora, la formulazione della norma induceva ad ritenere che il Giudice, chiamato a valutare la congruità del programma, potesse alternativamente accettare o respingere il contenuto dello stesso, sulla falsariga di quanto previsto per l’applicazione della pena ex art. 444 e ss. c.p.p. nel rito degli adulti. La consulta ha chiarito che il GUP può procedere ad integrare o modificare il programma di definizione anticipata, esclusivamente previo interpello dei servizi minorili e delle parti.
In ultimo, sempre sotto il profilo contenutistico, la Corte Costituzionale ha chiarito che le prescrizioni a cui il minore si impegna non necessariamente debbano rivestire natura lavorativa, potendo le stesse avere carattere socio-relazionale. L’aspetto di maggior rilievo risiede nella necessità che lo svolgimento del programma di definizione anticipata, al pari della messa alla prova, non deve “mai compromettere i percorsi educativi in atto”.