Può rispondere a titolo di corruzione lo steward che, in cambio di denaro, consente a dei tifosi privi di biglietto di entrare allo stadio?

La Corte di Cassazione si è trovata a decidere se uno steward in servizio presso uno stadio di calcio, addetto al controllo dei titoli di accesso degli spettatori, possa essere considerato un incaricato di pubblico servizio ai sensi dell’art. 358 c.p., così da poter ritenere integrato il reato di corruzione propria.

Nel caso specifico, alcuni steward avevano accettato denaro per far entrare allo stadio sei tifosi sprovvisti di biglietto, e per questo erano stati condannati in appello per corruzione. Il ricorso in Cassazione si fondava sulla contestazione della qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio, sostenendo che lo steward, in realtà, svolge una funzione meramente materiale e non riconducibile a un servizio pubblico. A detta dei ricorrenti, le mansioni degli steward sarebbero già oggetto di una disciplina speciale, l’art. 6-quater della legge n. 401/1989, che estende loro la tutela degli articoli 336 e 337 c.p., proprio perché non rientrano tra gli incaricati di pubblico servizio.

La Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo che effettivamente lo steward non può essere considerato incaricato di pubblico servizio, poiché la sua attività è inquadrata in un rapporto privatistico con la società sportiva organizzatrice e non comporta poteri autoritativi o certificativi. Lo steward, infatti, può controllare i biglietti e identificare i trasgressori, ma non può adottare provvedimenti vincolanti: in caso di dissenso, deve limitarsi a segnalare alle forze dell’ordine.

La Suprema Corte ha sottolineato come l’attività svolta dagli steward, sebbene utile e organizzata all’interno di un sistema di sicurezza pubblica, sia di natura esecutiva e materiale, priva di quella autonomia intellettiva e decisionale che caratterizza l’incarico di pubblico servizio. È proprio questa limitazione a giustificare la previsione normativa ad hoc (come l’art. 6-quater l. 401/1989) che estende loro la tutela penale in caso di aggressioni o minacce, proprio perché non rientrano nel novero dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio.

In conclusione, la Cassazione ha annullato le condanne stante il difetto assoluto della qualifica soggettiva degli imputati.

Sentenza integrale in formato pdf: Cass. pen. n. 23333 del 2025

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